La colonnina di mercurio

Pubblichiamo un articolo di Ele che mette un punto fermo sul concetto di equipollenza spiegando cosa intendono i linguisti per corradicalità e, nel nostro piccolo, anche noi della Sibilla. Vi ricordiamo che Ele è un professore di linguistica.

 

La colonnina di mercurio

(Riflessioni a caldo, o forse a troppo caldo, di Ele)

 

L’equipollenza non è la corradicalità etimologica che può legare due termini. L’equipollenza è un
concetto squisitamente enigmistico che possiamo sintetizzare come “la norma secondo la quale si
evitano parole con etimologia e significato troppo vicini prima e dopo l’(ipotetico) uguale nei giochi
a crittografia o a rebus.”

Nello scorso numero, Pipino il Breve ha mostrato che anche l’impiego voluto, in prima lettura, di
un termine equipollente all’esposto può diventare un felice espediente dare luogo a una bella
seconda lettura. È il caso della sinonimica di Pepìo: «.ITUATA = S qui: sita qui (che dici? Polle) =
squisita quiche di cipolle», che può svolgersi soltanto perché nella prima lettura si ha un termine
che, con l’esposto, “polle”. O ancora il caso della crittografia a frase di Alois, che a buon diritto
sarebbe da annoverare tra i capolavori dell’enigmistica dell’ultimo decennio: «SONO UN
BALLERINO ASTEMIO = bal… danzo sobrio = baldanzoso brio». L’eufemismo qui non evita,
quasi, l’equipollenza, ma anzi la sottolinea. Insomma, in enigmistica nemmeno l’equipollenza è una
regola cogente. L’accortezza, la genialità di una trovata può permettere all’autore di aggirarla o di
sfruttarla!

Dal ragionamento in apertura segue anche il fatto che l’equipollenza non deve essere valutata “sulla
carta” del vocabolario, come se facessimo una ricerca etimologica, ma “sul palato” del gusto
enigmistico (opportunamente formato). A mo’ di divertimento, se ci attenessimo unicamente ai
portati della linguistica storica (e ricostruttiva) uno schema come «ma è strano…» che si trasforma
in seconda lettura in «maestra» sarebbe da bocciare in quanto “ma” e “maestra” rimontano
entrambi al latino MAGIS. Lo stesso dicasi per il secondo morfema (ormai quasi irriconoscibile) di
“oramai”: e nessuno direbbe che è da cassare un gioco come «meteora ma I R aggiunte = mete
oramai raggiunte». Al massimo si ravviserebbe l’equipollenza “aggiunto/raggiunto”. E invece…

Mi sono ancora di più divertito a scartabellare dizionari per ricostruire una possibile trafila
etimologica per la congiunzione “e”. “E” viene ovviamente dal latino “et”, che è etimologicamente
correlato con il greco “éti”, che vuol dire ancora, inoltre. Quest’ultimo è probabilmente parente
della parola greca “étos”, che significa anno. A sua volta, “(v)étos” viene dalla stessa radice
indoeuropea che dà il latino “vetus”, vecchio. In pratica, la –e– di “vetus” e di “vecchio” è
corradicale di “e” e di “et”. Ebbene, se applicassimo le “regole” del dizionario tutti i giochi che
iniziano con “V e C… = vecchi…” sarebbero equipollenti. Sarebbe assurdo. Mi sembra perciò che
l’enigmista sia chiamato di volta in volta a decidere dove posizionare il paletto dell’equipollenza, a
mio parere non necessariamente a fianco di quello dell’identità etimologica. Continuiamo a creare
giochi cum grano salis (cioè: se qualche volta ci pare che un nostro gioco debba vedere il cestino, e
sia!), ma, almeno per quanto riguarda gli etimi da vocabolario, lasciamoci divertire!

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